LE NOSTRE F.A.Q. SUL CONCORDATO PREVENTIVO E SUL “REGIME DI RAVVEDIMENTO”

Abbiamo riunito i quesiti posti dai nostri partner, e fornito le relative risposte, in tema di concordato preventivo e di “regime di ravvedimento”.

Debiti pregressi. 1

Attività professionale e amministrazione di società. 2

Presentazione di dichiarazioni integrative. 3

Omessa dichiarazione Irap. 4

ISA e multiattività. 4

Perdite. 6

Opzione per l’imposta sostitutiva. 7

Detrazioni e riqualificazione energetica. 7

Redditi esclusi dal concordato. 8

Ravvedimento per gli anni 2018-2022. 11

Contribuenti forfetari 13

Cause di cessazione. 14

Modifica della compagine sociale. 14

Cessazione dell’attività. 15

Decadenza per mancato versamento. 16

Controlli 16

Debiti pregressi.

Una cartella dell’importo di € 10.000, ricevuta il 15/12/2023, non risulta pagata (né impugnata, né oggetto di richiesta di dilazione) alla data dell’adesione al concordato: si tratta di una causa di esclusione dal CPB? Situazioni come quella appena indicata devono essere monitorate anche nel corso del periodo di concordato? In altri termini, le cartelle ricevute nel 2024, e successivamente “scadute”, comportano la decadenza?

Ai sensi dell’art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 13/2024, l’assenza di debiti fiscali e contributivi deve essere verificata «con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta», cioè al 31.12.2023 (in tal senso anche la circ. n. 18/E/2024, § 2.1.1., e nota n. 37 di pag. 23). Nel caso di specie, il debito indicato nella cartella si è reso definitivo nel 2024: pertanto, non risulta impedita l’adesione al concordato.

Quanto alle cartelle notificate nel 2024, esse non rilevano ai fini della verifica di cui all’art. 10, comma 2, del D.Lgs. 13/2024.

Il mancato pagamento delle rate relative a un avviso bonario per debiti pregressi può costituire causa di decadenza dal CPB?

Occorre riferirsi solo alla cartella, atto impugnabile, e non all’avviso di irregolarità (in tal senso anche la circolare n. 18/E/2024, a pag. 8, laddove menziona le cartelle di pagamento «oggetto di comunicazioni di irregolarità» emesse a seguito di controllo automatizzato o formale).

Pertanto, il mancato pagamento delle rate di un avviso bonario relativo ad annualità precedenti non può costituire causa di decadenza dal CPB.

Attività professionale e amministrazione di società.

Un ingegnere gestionale, che sino al 2023 esercitava l’attività libero-professionale soltanto in misura marginale, perché impiegato a tempo pieno come dipendente, dal 2024 è amministratore (nonché socio) di una s.r.l. che si occupa di consulenza strategica. I compensi del 2024-2025 deriveranno dalla fatturazione del compenso di amministratore, e la proposta di reddito ai fini del CPB è particolarmente conveniente.

Il codice ATECO del professionista è 71.12.20 e, pertanto, egli compila l’ISA DK23U (servizi di ingegneria integrata). È corretto mantenere gli stessi codici ATECO e ISA, o ciò potrebbe essere contestato?

Dalla situazione descritta non sembrano emergere preclusioni all’adesione al CPB.

Il modello ISA, infatti, è congruente con il tipo di attività che il contribuente ha esercitato in passato e che prevede di continuare a esercitare nel 2024-2025, seppur in qualità di amministratore di società (svolgente la medesima attività).

Secondo la concorde opinione della giurisprudenza e della prassi, il compenso di amministratore, se connesso allo svolgimento dell’attività libero-professionale, cosa che avviene quando per l’espletamento del mandato «siano necessarie conoscenze tecnico giuridiche direttamente collegate all’attività di lavoro autonomo esercitata abitualmente», è soggetto a contribuzione (Cass. Sez. Lavoro n. 5827/2013 e n. 5741/2022) e fiscalmente costituisce reddito di lavoro autonomo (in tal senso, v. le circolari nn. 67/E/2001 e 105/E/2001, da cui è tratta la citazione, in tema di attività di amministratore, sindaco o revisore svolta da ragionieri e dottori commercialisti; nella giurisprudenza di merito, C.T.R. Toscana n. 558/04/2021).

Presentazione di dichiarazioni integrative.

Quali sono gli effetti delle dichiarazioni integrative, ante e post adesione al CPB?

La presentazione di una dichiarazione integrativa successivamente all’adesione può costituire causa di decadenza, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b) del D.Lgs. n. 13/2024, se le rettifiche determinano una quantificazione diversa dei redditi o del valore della produzione netta rispetto ai dati che hanno determinato l’elaborazione della proposta di concordato. Da segnalare, però, la lettura della circolare n. 18/E/2024, § 2.6, secondo la quale è necessario che l’errore abbia determinato un minor reddito (o valore della produzione) oggetto di CPB per un importo superiore al 30%.

Quanto alle dichiarazioni integrative anteriori all’adesione al concordato, “formalmente” l’agenzia delle Entrate dovrebbe riformulare la proposta; tuttavia, si è riscontrato che ciò non viene fatto, per cui anche per le dichiarazioni integrative precedenti all’adesione devono valere le considerazioni di cui sopra.

Omessa dichiarazione Irap

Il cliente, ditta individuale, non ha mai presentato la dichiarazione Irap, ritenendosi privo di “autonoma organizzazione”. Sino all’abolizione dell’imposta, stabilita a decorrere dal 2022 per le ditte individuali e i professionisti (art. 1, comma 8, L. n. 234/2021), non vi è mai stata alcuna contestazione in merito da parte dell’Agenzia.

Tale situazione è compatibile con il concordato?

La risposta è positiva. Tra le cause di esclusione, che impediscono ex ante l’adesione al concordato, vi è, alla lettera a) del primo comma dell’art. 11 del D.Lgs. n. 13/2024, la «mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo a effettuare tale adempimento». Da un lato, quindi, il riferimento è alla sola dichiarazione “dei redditi” e, pertanto, non a quella Irap; dall’altro, quand’anche si volesse considerare la mancata menzione della dichiarazione Irap una “dimenticanza” del legislatore, si osserva che la disposizione in argomento richiede che l’adempimento dichiarativo sia obbligatorio, situazione che non si verifica quando difetta il presupposto dell’imposta.

ISA e multiattività

Una s.r.l. che svolge attività di ristorazione è stata interessata, nel 2023, da a) fusione per incorporazione di società immobiliare e b) affitto di ramo d’azienda (albergo). Si precisa che la fusione non ha determinato la modifica dell’attività principale, perché gli immobili acquisiti per effetto dell’operazione sono quelli in cui si svolge l’attività di ristorazione. Per il 2023 la società ha compilato il modello ISA relativo alla sola ristorazione perché i ricavi dell’attività alberghiera, mai esercitata in passato, erano inferiori al 30% dei ricavi complessivi.

La società può accedere al concordato? Quid iuris se, nel 2024 o nel 2025, i ricavi dell’attività alberghiera risultassero superiori al 30% dei ricavi complessivi, e quindi la società si qualificasse come soggetto ISA “multiattività”?

La società può accedere al concordato, perché l’attività secondaria non era prevalente e non ricorreva una causa di esclusione. Nemmeno rileva la fusione, perché avvenuta nel 2023, ovvero prima del primo anno cui si riferisce la proposta (si veda l’art. 11, comma 1, lettera b-quater del D.Lgs. n. 13/2024).

Qualora i ricavi dell’attività secondaria superassero negli anni 2024 e/o 2025 il 30% dei ricavi complessivi, tale situazione non rileverebbe ai fini del concordato.

Una ditta individuale (ISA) che nel 2023 svolge attività prevalente di ristorante (Ateco 56.10.11, ISA DG36U), nel 2024 attiva un’ulteriore unità locale con attività (secondaria) di bar (Ateco 56.30.00, ISA DG37U).

Con la ristorazione “prevalente” e il bar “secondario”, si può aderire al CPB?

Come riportato in precedenza, il fatto di risultare eventualmente un soggetto escluso dagli ISA nel 2024, perché, ad esempio, soggetto “multiattività”, non fa venire meno gli effetti del concordato, a meno che non si ricada in un’ipotesi di modifica dell’attività ai sensi della lettera a) dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 13/2024.

Una ditta individuale esercitava fino al 31.12.2022 due attività, di commercio (in via prevalente, 95%), e di agenzia (in via secondaria, 5%). Con effetto 1° gennaio 2023, la ditta ha conferito il ramo commerciale in una newco Srl, proseguendo l’attività di agenzia.

La ditta individuale può aderire al CPB?

La risposta è positiva, in quanto per il 2023 non vi sono cause di esclusione dagli ISA. Il conferimento della ditta individuale in società rileva, come causa di cessazione o di esclusione, solo se interviene nelle annualità oggetto di concordato.

Perdite

Se un soggetto ISA con perdite fiscali maturate prima del 2023 aderisce al concordato e assoggetta ad imposta sostitutiva la quota di reddito eccedente rispetto al reddito di riferimento del 2023, come avviene lo scomputo delle perdite?

Le perdite fiscali maturate prima dell’adesione al concordato sono scomputate dal reddito assoggettato a imposizione ordinaria.

Si ritiene, viceversa, che le perdite non possano essere scomputate dalla cd. “parte eccedente” di reddito assoggettata all’imposta sostitutiva ai sensi dell’art. 20-bis.

È corretto considerare non utilizzabili le perdite fiscali prodotte negli anni di vigenza del concordato, con l’eccezione di quelle derivanti da minusvalenze, sopravvenienze passive e perdite su crediti?

Ai sensi dell’art. 16, comma 4, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 13/2024, le sole perdite conseguite nel periodo del concordato suscettibili di essere riportate in avanti, ai sensi degli artt. 8 (società di persone) e 84 (soggetti Ires) del TUIR, sono quelle relative alle componenti “straordinarie”, ossia al «saldo netto tra le plusvalenze, le sopravvenienze attive, le minusvalenze, le sopravvenienze passive e le perdite su crediti, nonché gli utili e le perdite derivanti dalle partecipazioni» in società di persone e s.r.l. trasparenti.

Opzione per l’imposta sostitutiva

Nel caso di imprese trasparenti che aderiscono al concordato, ciascun socio può optare per la tassazione ordinaria o sostitutiva a seconda della propria convenienza? L’opzione è vincolante sia per il 2024 che per il 2025, o il socio può ad esempio optare per la tassazione ordinaria nel 2024 e separata nel 2025?

La questione è stata affrontata, in maniera a nostro avviso condivisibile, dalle FAQ dell’Agenzia nn. 13 e 2 dell’8 ottobre 2024, nelle quali si è affermato che l’opzione per la tassazione sostitutiva è esercitata dal contribuente che aderisce al concordato e quindi, nel caso prospettato, dalla s.r.l. “trasparente” e non dai soci di questa. L’opzione vincola i soci, ma può essere esercitata anche per uno solo dei due anni inclusi nel CPB.

Detrazioni e riqualificazione energetica

Una società di persone, che nel 2024 ha sostenuto spese che danno diritto a detrazioni per riqualificazione energetica, intende aderire al concordato. Come può essere utilizzata la detrazione?

Ai sensi dell’art. 2 del D.M. 19 febbraio 2007 (in tema di “ecobonus” vedi l’art. 4 del D.M. 6 agosto 2020), la detrazione d’imposta in esame spetta anche, tra le altre, alle società di persone. La detrazione viene attribuita ai soci affinché sia scomputata dall’Irpef dovuta da costoro.

Sebbene il D.Lgs. n. 13/2024 non regoli appositamente la fattispecie, si ritiene, ragionando in analogia con altri regimi speciali (per tutti, il regime forfetario), che la detrazione possa essere utilizzata soltanto in diminuzione dell’imposta ordinaria che grava sul reddito concordato, come determinato ai sensi dell’art. 16, e non anche sull’imposta sostitutiva dovuta in caso di opzione ai sensi dell’art. 20-bis.

Redditi esclusi dal concordato

Una società di persone in contabilità ordinaria aderisce al concordato e, nel 2024, sostiene costi di manutenzione dell’immobile per i quali richiede un contributo a un ente pubblico. Come considerare tale contributo ai fini del concordato?

Il contributo descritto nel quesito si qualifica come contributo in conto impianti. Tali contributi non rientrano tra le poste reddituali straordinarie “escluse” dal reddito oggetto di concordato ai sensi dell’art. 16 del D.Lgs. n. 13/2024.

Di conseguenza, tali contributi risultano compresi nel reddito oggetto della proposta di concordato.

Nel periodo di vigenza del concordato, le eventuali somme percepite a seguito di parziale cessione della clientela da parte di un promotore finanziario (ditta individuale) sono coperte dall’adesione al concordato?

Con la risposta a interpello n. 466 del 4 novembre 2019, l’Agenzia delle entrate ha affermato che la cessione della “lista clienti” non configura, di per sé, una cessione di ramo d’azienda, da intendersi nell’accezione di organizzazione idonea, nel suo complesso, allo svolgimento di un’attività produttiva. Poiché attiene a un singolo bene, la cessione è soggetta a IVA, con imposta di registro in misura fissa.

D’altro canto, il pacchetto clienti non può nemmeno essere equiparato a un bene la cui cessione genera ricavi caratteristici. La relativa cessione, pertanto, costituisce una cessione di beni relativi all’impresa, rilevante ai sensi dell’art. 86 del TUIR (in questo senso anche Committeri-Lo Re in Il Fisco, 2020, 1, p. 5) e, per l’imprenditore individuale, ai sensi dell’art. 58, terzo comma.

Ne deriva che il relativo provento, quale componente “straordinario”, rileva ai sensi dell’art. 16, comma 2 del D.Lgs. n. 13/2024 e non è compreso nel reddito concordato.

Tra le cause di esclusione per i soggetti ISA vi è l’«aver conseguito, nell’esercizio d’impresa o di arti e professioni, redditi o quote di redditi, comunque denominati, in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile, in misura superiore al 40% del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o di arti e professioni» (art. 11, comma 1, lett. b-bis del D.Lgs. n. 13/2024). Vi rientrano anche i redditi da dividendi o i redditi derivanti da partecipazioni in regime “PEX”?

Secondo l’interpretazione preferibile, per valutare se è integrata la causa di esclusione in esame non bisogna guardare il regime di tassazione delle singole componenti, bensì, “a valle”, il risultato complessivo.

Come si legge nella relazione illustrativa al D.Lgs. n. 108/2024, che ha inserito la previsione in commento, si è inteso scongiurare la possibilità che un soggetto possa aderire a una proposta di concordato definita per una tipologia di contribuente diversa da quella a cui appartiene realmente il soggetto.

Gli esempi forniti nella FAQ dell’Agenzia n. 8 dell’8.10.2024 riguardano, non a caso, non singole componenti, ma le imprese che esercitano la pesca costiera e nelle acque interne e lagunari, il cui reddito d’impresa è assoggettabile a imposta nella misura del 36%, o i docenti e i ricercatori che aderiscono al regime del “rientro dei cervelli” trasferendo la propria residenza in Italia, il cui reddito di lavoro dipendente autonomo è esente da tassazione nella misura del 90%.

Pertanto, la percezione di dividendi e plusvalenze, relative a partecipazioni “pex” e non, non integrano la causa di esclusione dal concordato in commento.

Un lavoratore autonomo (quadro RE) ha dichiarato nel 2023 un reddito di lavoro autonomo di € 18.750, di cui € 16.239 tassati con tassa piatta incrementale di cui art. 1 commi 55-57 della Legge 197/2022. Quindi, il reddito è stato tassato per l’86% con imposta sostitutiva, con aliquota del 15%. Si chiede se la situazione ricada nella causa di esclusione di cui all’art. 11, lett. b-bis) del D.Lgs. n. 13/2024 (rigo P02 punto 3 del “modello CBP”).

La causa di esclusione di cui alla lettera ­b-bis) dell’art. 11, concerne, testualmente, il conseguimento di redditi di impresa o di lavoro autonomo «in tutto o in parte, esenti, esclusi o non concorrenti alla base imponibile».

Diversamente da quanto si verifica per i regimi fiscali speciali indicati a titolo esemplificativo dall’Agenzia nelle proprie FAQ, nel regime introdotto (per il solo 2023) dalla L. n. 197/2022 l’intero reddito incrementale è assoggettato a tassazione, seppure, su base opzionale, con un’imposta sostitutiva. Per converso, non sono previste esclusioni o esenzioni dalla base imponibile.

Di conseguenza, la situazione descritta nel quesito non ricade nel campo di applicazione della causa di esclusione in argomento.

Ai fini della determinazione del reddito 2023 rilevante ai fini del concordato, si chiede se sia corretto considerare: a) importi relativi a risarcimenti assicurativi (relativi a danni intervenuti nei precedenti esercizi); b) tasse pagate nell’esercizio 2023 ma relative ad anni precedenti.

I risarcimenti assicurativi, se non dovuti alla perdita di beni (nel qual caso possono dar luogo, a seconda dei casi, a ricavi o a plusvalenze), rilevano quali sopravvenienze attive, ai sensi dell’art. 88, terzo comma, lett. a) del TUIR, e pertanto devono essere espunti dal reddito da considerare quale riferimento per il calcolo del reddito concordato.

Invece, tasse e imposte pagate nel 2023 ma relative ad anni precedenti, deducibili nel 2023 ai sensi dell’art. 99 del TUIR, non devono essere “sterilizzate” perché non sono equiparabili ad alcuna delle componenti indicate dall’art. 16, comma 1, del D.Lgs. n. 13/2024.

Ravvedimento per gli anni 2018-2022

Un soggetto ISA che, avendone i requisiti, aderisce sia al concordato che al ravvedimento per uno o più anni del periodo 2018 – 2022, cessa dal concordato nel 2024 o nel 2025. In tal caso, la sanatoria resta efficace?

In tema di ravvedimento, l’art. 2-quater del D.L. 113/24, aggiunto in sede di conversione con legge n. 143/24, menziona, tra le cause di inefficacia (con conseguente “riespansione” dei poteri di accertamento dell’Agenzia delle Entrate) l’«intervenuta decadenza dal concordato preventivo biennale di cui all’articolo 22» del D.Lgs. n. 13/2024.

A differenza della decadenza, prevista per le ipotesi di maggiore gravità e con effetto ex tunc, le ipotesi di cessazione dal concordato operano solo a partire dal periodo nel quale si verificano le relative cause.

Pertanto, se ricorrono ipotesi di modifica “sostanziale” dell’attività, cessazione della stessa, operazioni straordinarie o modifiche della compagine sociale delle società di persone, l’adesione al regime forfetario o la fuoriuscita dal regime degli ISA per “eccesso di ricavi” (ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 13/2024), non vi sono effetti sul ravvedimento, trattandosi di fattispecie di cessazione del concordato.

Tuttavia, si richiama l’attenzione sul fatto che una chiusura dell’attività intervenuta già nel 2024 (che costituisce, appunto, ipotesi di cessazione), comporta, di fatto, la mancata produzione degli effetti del concordato, così da poter essere considerata anche quale causa di inefficacia del “ravvedimento”.

Ove possibile, pertanto,è opportuno che il contribuente ponga in essere nel 2025 il comportamento che causa la cessazione (ai sensi dell’art. 21).

Una ditta individuale non ha presentato le dichiarazioni per gli anni 2018 e 2019: è possibile aderire al “regime di ravvedimento”?

La risposta non può che essere negativa, perché il “ravvedimento” presuppone la presentazione dei modelli ISA («i soggetti che hanno applicato gli indici sintetici di affidabilità fiscale…possono adottare il regime di ravvedimento»), che sono a tutti gli effetti parte integrante dei modelli Redditi.

Cosa accade con riferimento agli anni per i quali, a causa del COVID, non sono stati presentati i modelli ISA?

Il D.L. n. 155 del 19 ottobre 2024, modificando l’art. 2-quater del D.L. n. 113/2024, ha previsto che i soggetti ISA possano accedere al ravvedimento anche se, per una delle annualità 2018-2022, a) hanno dichiarato una delle cause di esclusione dall’applicazione degli ISA correlate alla diffusione della pandemia da COVID-19, ovvero b) hanno dichiarato la sussistenza di una condizione di non normale svolgimento dell’attività.

Il tal caso, la base imponibile dell’imposta sostitutiva è pari al 25% del reddito e del valore della produzione già dichiarati; tenuto conto della riduzione del 30% prevista dalla norma, le aliquote dell’imposta sostitutiva sono pari all’8,75% per l’Ires e l’Irpef e al 2,73% per l’Irap.

È importante sottolineare che la dichiarazione infedele delle sopra citate cause di esclusione comporta la decadenza dal ravvedimento (limitatamente, si ritiene, ai soli anni oggetto del ravvedimento per i quali l’esclusione è invocata).

Un cliente ha ricevuto una richiesta di documentazione per gli anni d’imposta dal 2018 al 2021, ma il controllo fiscale è ancora in corso. Con il ravvedimento agevolato, “abbinato” al CPB, si potrebbe impedire l’emissione dell’accertamento?

La risposta è positiva perché, ai sensi dell’art. 2-quater, comma 9, del D.L. n. 113/2024, le uniche preclusioni al ravvedimento “speciale” sono rappresentate dalla ricezione di un p.v.c., di uno schema di atto o di un atto di recupero di crediti inesistenti.

Ciò detto, è importante sottolineare due aspetti.

In primo luogo, la preclusione alla notifica degli accertamenti richiamati dal comma 10 del citato art. 2-quater si ottiene attraverso il regolare pagamento delle imposte sostitutive.

In secondo luogo, l’adesione al ravvedimento presuppone quella al concordato, ma non deve necessariamente precederla. Al contrario, l’adesione al concordato entro il 31/10/2024 consente di aderire successivamente (entro il 31/03/2025) al ravvedimento.

Si ricorda che i codici tributo sono stati istituiti con la risoluzione n. 50/E/2024.

L’imposta dovuta per il “ravvedimento speciale” è compensabile con crediti fiscali oppure deve essere obbligatoriamente versata?

A differenza di quanto previsto per altre misure di sanatoria (si vedano, ad esempio, i commi 182, 194, 208, 216 dell’art. 1, L. n. 197/2022, in tema di “tregua fiscale”), l’art. 2-quater del D.L. n. 113/2024 non pone alcun divieto di compensazione.

I crediti possono pertanto essere utilizzati, similmente a quanto avviene in tema di ravvedimento “ordinario”.

Contribuenti forfetari

Tra le cause di decadenza di cui all’art. 22 del D.Lgs. n. 13/2024, richiamato per i contribuenti forfetari dal successivo art. 33, vi è l’indicazione nella dichiarazione dei redditi di dati non corrispondenti a quelli comunicati ai fini della definizione della proposta di concordato. Tra questi dati, possono rientrare quelli indicati nel quadro RS?

Nella metodologia relativa al concordato preventivo destinata ai contribuenti che aderiscono al regime forfetario, approvata con il DM del 15 luglio 2024, non viene fatto alcun riferimento ai dati tratti dal quadro RS, bensì soltanto ai dati dichiarati nel modello anno 2023 nel quadro LM eai parametri ISA più similari.

Di conseguenza, non opera la causa di decadenza indicata.

Per un “forfetario” che nel 2023 applica per l’ultimo anno l’aliquota ridotta al 5% (art. 1, comma 65, L. 190/14), in caso di adesione al concordato per il 2024, l’aliquota dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 20-bis del D.Lgs. n. 13/2024 è quella del 10% o quella del 3%?

Ai sensi dell’art. 31-bis del D.Lgs. n. 13/2024, l’imposta sostitutiva applicata sul cd. reddito eccedente è pari al 10%, e al 3% per i forfetari che versano l’imposta del 5%.

Nel caso di specie, tenuto conto che il quinquennio di prima applicazione del regime forfetario si è esaurito nel 2023, si ritiene corretto applicare, nel 2024, l’aliquota del 10%.

Cause di cessazione

Modifica della compagine sociale.

L’Agenzia ha riconosciuto che la modifica della composizione dell’impresa familiare non ha effetti sul concordato; ma il concordato può cessare se una ditta individuale che ha aderito al concordato diventa impresa familiare nel 2024 o nel 2025?

In base a una lettura testuale e rigorosa dell’art. 21 del D.lgs. 13/2024, la risposta è negativa: la fattispecie descritta non può essere ricondotta alla cessazione dell’attività, né il passaggio da ditta individuale a impresa familiare può essere equiparato alla modifica della compagine sociale di una società di persone.

Infatti, per giurisprudenza univoca (per tutte, v. Cass. Sez. Un. 23676/2014), l’impresa familiare ha natura individuale ed è ontologicamente incompatibile con il modello societario (e, per questo motivo, si esclude il litisconsorzio tra l’imprenditore e i suoi familiari: Cass. Sez. V, n. 30842/2017).

Cessazione dell’attività.

Un soggetto che aderisce al CPB per gli anni 2024 e 2025 cessa l’attività, con la chiusura della partita Iva, nel 2025. È corretto affermare che l’anno 2024 rimane “salvo” ai fini del concordato, che viene meno per il solo 2025?

La risposta è positiva perché, a differenza delle cause di decadenza (di cui all’art. 22), quelle di cessazione (di cui all’art. 21) operano ex nunc: l’efficacia del concordato cessa «a partire dal periodo d’imposta nel quale si verifica una delle seguenti condizioni… b) il contribuente cessa l’attività».

Una ditta individuale vorrebbe aderire al concordato ma l’azienda potrebbe essere conferita in una costituenda s.r.l. Il reddito proposto per l’anno 2024 è adeguato, ma quello proposto per il 2025 è penalizzante: quale comportamento si potrebbe adottare, affinché l’accordo non produca i suoi effetti per il 2025?

Il conferimento costituisce una causa di cessazione dal CPB, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 13/2024.

A differenza delle cause di decadenza che, operando ex tunc, possono travolgere l’intero concordato, le cause di cessazione comportano il venir meno del CPB «a partire dal periodo d’imposta nel quale si verifica» una delle situazioni espressamente previste.

Pertanto, se l’intenzione è quella di evitare che l’accordo produca i suoi effetti limitatamente al 2025, può convenire effettuare il conferimento nel corso del 2025.

Decadenza per mancato versamento

In caso di adesione al concordato biennale da parte di uno studio associato, la decadenza può essere determinata dall’inadempimento di un singolo associato?

Ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. e), del D.Lgs. n. 13/2024, il concordato cessa di produrre i propri effetti per entrambi i periodi d’imposta se è omesso, «a seguito delle attività di cui all’articolo 12, comma 2», ossia di liquidazione delle dichiarazioni, il versamento delle somme dovute.

La decadenza può essere evitata dal contribuente regolarizzando la propria posizione mediante ravvedimento, il quale deve necessariamente precedere la constatazione della violazione e la formale conoscenza dell’avvio di attività di controllo. L’Agenzia delle entrate, nella FAQ n. 6 del 17.10.2024, ha interpretato la previsione dell’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 13/2024 alla luce della preclusione prevista dall’art. 13, comma 1-ter, del D.Lgs. n. 472/97, sostenendo – in sostanza – che il termine ultimo per il ravvedimento, da compiersi al fine di evitare la decadenza dal concordato, è quello della ricezione dell’avviso bonario.

Ad ogni modo, tornando al quesito sottoposto, poiché, ai sensi dell’art. 12, comma 1, secondo periodo, l’accettazione della proposta da parte di s.r.l. trasparenti e società di persone (alle quali l’art. 5, comma 3, lett. c del TUIR equipara sotto il profilo fiscale le associazioni professionali) «obbliga al rispetto della medesima i soci o gli associati», si ritiene che anche l’inadempimento di un singolo associato possa comportare la decadenza dal concordato.

Controlli

Una Srl aderisce al CPB 2024/2025. Non ha proceduto alla regolarizzazione del magazzino di cui alla L. n. 213/2023 nel corso del 2024, ma nel 2025 fa emergere un maggior valore del magazzino (riportandolo a valori correnti), che genera maggiori redditi “non tassati”. Quali rischi si corrono?

Se, in base all’attività istruttoria, risulta possibile riscontrare, attraverso un accertamento di tipo analitico (o un “induttivo puro”), che le attività non dichiarate sono superiori al 30% dei ricavi dichiarati, potrebbe verificarsi la decadenza dal concordato.

Nella misura in cui risulti possibile superare tale “soglia” di evasione, gli accertamenti di tipo analitico (così come quelli induttivi “puri”) non sono infatti preclusi dal CPB.

Per i contribuenti che aderiscono al concordato preventivo biennale e fruiscono del ravvedimento per uno o più tra i periodi dal 2018 al 2021, i termini di decadenza per l’accertamento relativi alle annualità oggetto di ravvedimento sono prorogati?

L’art. 2-quater del D.L. n. 113/2024, al comma 14, dispone che, per i soggetti che aderiscono al CPB, e che hanno aderito anche al ravvedimento, i termini di decadenza per l’accertamento relativi alle annualità oggetto di ravvedimento sono prorogati al 31 dicembre 2027. Ne deriva che:

  • per gli anni dal 2018 al 2021, i termini scadranno il 31.12.2027;
  • per il 2022, i termini scadranno “ordinariamente” il 31.12.2028.

Inoltre, per i soggetti ISA che aderiscono al CPB ma che non si avvalgono del ravvedimento, i termini in scadenza al 31.12.2024 (cioè quelli relativi all’anno d’imposta 2018, e all’anno 2016 se la dichiarazione è omessa) sono prorogati di un anno, ossia al 31.12.2025.

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